Alla fine è successo: ArcelorMittal, ditta indiana del settore siderurgico, posa l’osso e se ne va dall’ILVA o forse no, rimane, chi lo sa?
Tutto dipende se sarà sopraffatta da uno stato, il nostro, truffaldino e cravattaro che ha revocato e non vuole più concedere l’immunità penale a questo probo investitore che rivendica il legittimo diritto di non essere punito per le colpe di altri, quelli che c’erano prima, o se questa immunità ci sarà liberando il capitalista da qualsiasi obbligo di rispettare la legge.
Questo il fatto nudo e crudo per come ce l’hanno servito.
Secondo me c’è qualcosa che non torna e stride, che, se esistesse il reato, andrebbe punito per “offesa alla pubblica intelligenza”.
Riflettiamoci un po’: qual è la logica per la quale un qualsiasi investitore nell’esercizio delle proprie funzioni dovrebbe essere immune dal commettere reati e a quale titolo lo stato dovrebbe concederla?
ArcelorMittal teme di essere coinvolta per reati e comportamenti fraudolenti dei precedenti proprietari dell’impianto tarantino (e non solo), per fatti avvenuti chissà quando e compiuti chissà da chi.
Bè qualcuno dovrebbe spiegare all’investitore che, in India non lo so, ma in Italia nessuno può essere condannato per fatti commessi da altri perchè la responsabilità penale è personale.
Lo Stato, da parte sua, non può concedere a nessuno alcuna immunità in rispetto del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della costituzione, quindi di che stiamo parlando?
Appunto di cosa si disquisisce se non esiste la materia del contendere?
Proviamo a cambiare punto di vista.
L’ILVA a Taranto è stato un azzardo fin dal principio: costruire un’acciaieria nel bel mezzo di una città è quantomeno insolito, ma d’altra parte come si dice, si vede che li volevano tutti “uscio e altoforno”.
I costi sociali e umani sono stati incalcolabili: ci sono già state migliaia di morti per inquinamento, ce ne sono e ce ne saranno ancora, tutti lo sanno, dalla proprietà precedente (il Riva figlio che tuonava al telefono “cosa volete che me ne freghi di qualche tumore in più”), al Presidente della Regione che fu (il Nichi a ricordare ”dica la Presidente che siamo qua”), a tutti quelli che per conto dello stato, e a vario titolo, dovevano controllare e l’hanno fatto, ma senza dirlo a nessuno perchè non si sapesse che d’ILVA si muore dentro e fuori lo stabilimento.
Una classe politica dove non solo alcuni, ma tutti, e fino ad ora, si sono genuflessi al capitale per trarne vantaggio a discapito dei molti che hanno accettato il rischio perchè c’hanno famiglia e dei moltissimi che non hanno deciso nulla, che ne sopportano le conseguenze semplicemente perchè sono lì.
Imprenditori, prima lo stato e poi i privati, con un unico scopo: il profitto sopra ogni altra cosa e se qualcuno muore, si inquina l’acqua, l’aria e la terra ce ne faremo una ragione perchè utili per mezzo miliardo di euro all’anno valgono bene qualche sacrificio (sia ben chiaro, degli altri).
Un’accoppiata atomica: la politica, l’imbonitore maligno delle genti alle quali deve vendere un prodotto avariato per incassarne la provvigione, e il capitale, spargitore senza scrupoli di letame per tornaconto, equanime foraggiatore di partiti e movimenti.
E nel malato gioco di queste parti l’immunità altro non è che un modo per garantire il profitto ad ogni costo e se per perseguirlo succedesse qualche disastro, l’assoluzione dalla colpa e dal dolo: se qualcuno muore o se il mare è inquinato al capitale non interessa, a riparare e ripulire ci pensino altri (cioè noi).
Ci offende tutti come cittadini il fatto che in Italia si voglia sancire un principio per il quale diventi normale, in nome del profitto, violare la legge ai sensi di legge.
Ci lascia sgomenti che sia proprio chi governa (?) a farsi artefice e garante di questa bestialità che dà una decisa spallata allo Stato di diritto.
C’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo
Per colpa di chi?
Si dice che la colpa morì fanciulla, ma dopo aver ascoltato i soliloqui internettiani di qualcuno, gli svagellamenti in difesa del povero investitore dal politico o dal sindacalista televisivo di turno, le farneticazioni di coloro che parlano di una sinistra orgogliosamente sempre più simile alla destra, dopo tutto questo guardiamoci dentro che la riposta è già scritta e se riusciamo a leggerla avremmo compreso che ci siamo fatti fare una democrazia grande così ( Y ).
Italia lì 06/11/2019
In fede DonPi