Da anni, i politicanti di professione parlano in modo rozzo e becero, usano insulti, fanno errori grammaticali, sbraitano. E soprattutto parlano poco di ciò che è necessario fare, di quel che serve al paese e alle persone, riservando molto del loro tempo a diffondere messaggi contro.
Adesso l’apoteosi è compiuta: il linguaggio da rutto impera, l’insulto è regola, la denigrazione dell’altro un merito, e tutto ciò alimenta l’odio e la contrapposizione, generando scontri che avvelenano la vita quotidiana, l’italiano contro lo straniero, il disoccupato contro il lavoratore.
Io non sono così. E non voglio parlare in questo modo.
Voglio parlare in modo diverso, e di quel che ha politicamente senso. Di scuola, lavoro, ambiente, università e ricerca, corruzione e mafie, sanità, benessere delle persone, diritti. E “parlare di” significa – banalmente – impegnarsi per arrivare a governi, locali, nazionali, europei, che usino risorse per risovere i problemi, per fare le cose importanti.
Voglio parlare di ciò che conta, senza insultare nessuno, e possibilmente far capire che, nella maggior parte dei casi, ciò che finora è stato detto dai governanti di turno è solo propaganda.
Sono convinto che, per cambiare veramente le sorti di questo nostro malandato paese, sia necessario anche partire da qui: dall’uso di un nuovo linguaggio, per creare una nuova politica.
Una politica a favore delle persone.